Il processo di pirolisi consiste nella degradazione termica di un materiale organico, condotta ad elevate temperature ed in assenza di agente ossidante, evitando così il verificarsi dell’ossidazione del materiale e quindi della sua combustione. La quantità di ossigeno presente all’interno del materiale organico processato, spesso dovuto alla sua umidità, rappresenta in molti casi l’unica fonte di ossidante facente parte alla reazione di pirolisi che, quindi, rimane ampiamente al disotto del limite stechiometrico necessario alla combustione del materiale. Il processo di pirolisi avviene in un intervallo di temperature molto ampio, dai 180 agli 800°C e può essere condotto sia a pressione atmosferica, che a pressioni elevate in base alla tipologia di prodotto da trattare e delle caratteristiche di prodotto che si desidera ottenere. Per questo, il processo di Pirolisi è complessivamente endotermico e richiede pertanto apporto di calore dall’esterno, in genere ottenuto attraverso la combustione di parte dei prodotti ottenuti, con particolare riguardo alla frazione gassosa. I prodotti principali del processo di pirolisi, infatti, sono:
- Frazione solida (char)
- Frazione liquida (vapori condensabili)
- Gas
- Frazione acquosa (vapore acqueo, acqua)
La temperatura, il tempo di residenza e le caratteristiche del materiale processato influenzano le percentuali con cui vengono ottenuti questi tre prodotti. Le condizioni di processo, e di conseguenza le rese che si ottengono all’uscita della reazione in frazione solida, liquida e gassosa determinano la tipologia di pirolisi applicata. L’azione del calore a cui viene sottoposto il materiale organico, senza che si possa verificare ossidazione completa, provoca una disgregazione della struttura molecolare che caratterizza il materiale solido organico. Le molecole della materia, che in condizioni normali sono legate in composti come cellulosa e lignina, subiscono una scissione che provoca la formazione di composti più leggeri, che a loro volta sono soggetti a parziale volatilizzazione, formando vapori condensabili, e composti gassosi incondensabili. La frazione organica solida rimanente, privata delle molecole di ossigeno, azoto e dei composti maggiormente volatili, subisce quindi un processo di carbogenesi accelerata, che esita in forma di solido carbonizzato. Facendo riferimento ai materiali residuali biologici, il processo di pirolisi provoca, a temperature più basse, la scissione dei polisaccaridi come emicellulosa e cellulosa, e a temperature più elevate la degradazione dei polimeri organici più complessi come la lignina. In linea generale, le tipologie di pirolisi si distinguono dal grado di scissione che riescono a provocare nei composti organici (dovuto alla temperatura di processo) e dalla tipologia di prodotti che si ottengono, ovvero nella diversa ripartizione tra solido, liquido e gassoso, dipendente dal tempo di reazione. In generale, le tipologie di pirolisi si distinguono in:
Pirolisi lenta (o carbonizzazione).
- Frazione solida (char) – 25-35% s.s.
- Vapori condensabili – 30-45% s.s.
- Gas incondensabili – 25-35% s.s.
- Acqua (vapore) – 15-18 % s.t.
Pirolisi veloce (o flash)
Questa tipologia di pirolisi avviene a temperature generalmente elevate, tra i 600 e gli 800°C, con tempi di residenza del materiale molto brevi (1-30 secondi). Tale soluzione permette la degradazione di una grande quantità di polimeri, ma non permette la loro trasformazione da vapori a gas. Per questo motivo, le frazioni in uscita derivate dalla sostanza secca hanno diverse percentuali
- Frazione solida (char) – 15-20% s.s
- Vapori condensabili – 50-80% s.s
- Gas incondensabili – 5-20% s.s
- Acqua – 15-20% s.t.
Torrefazione
La torrefazione è principalmente conosciuta come tecnica per trattare il caffè, ed è adottata sui materiali organici proprio con lo scopo di eliminare l’ossigeno, trasformare il prodotto solido in un materiale facilmente triturabile e idrofobico. Le temperature della torrefazione sono in un range di 250-300°C, mentre il tempo di residenza varia tra 30 minuti e 2 ore, con il seguente risultato:
- Frazione solida (materiale Torrefatto) – 60-80% s.s
- Vapori condensabili – 10-15% s.s
- Gas incondensabili – 5% s.s
- Acqua (vapore) – 20% s.t.
Carbonizzazione idrotermale (HTC)
La carbonizzazione idrotermale rappresenta sostanzialmente una variazione “umida” della torrefazione. Il processo HTC presenta infatti caratteristiche di processo analoghe a quelle della torrefazione, con impianti che lavorano in un range tipico di temperatura tra 180 e 250°C, ma con la differenza sostanziale per cui il processo lavora ad una pressione in grado di mantenere l’acqua in stato liquido a quelle temperature. Conseguentemente la pressione di esercizio varia da 15 a 39 Bar. I tempi di residenza tipici dell’HTC lavorando a temperature attorno ai 200 °C sono di 3-5 ore e, pertanto sono anch’essi simili alla torrefazione, ma il materiale processato non deve essere essiccato e anzi, le reazioni a cui viene sottoposto sono fortemente caratterizzate dal fatto che la quantità di acqua presente nella sostanza processata durante l’HTC è sempre superiore a quella della materia organica secca (tipicamente 55-85% sul totale). La distribuzione tra solido, liquido e gassoso nell’HTC è la seguente:
- Frazione solida (hydrochar) – 50-70% s.s.
- Frazione liquida (oli): < 0,5% s.s.
- Frazione Gassosa (incondensabili): < 5% s.s.
- Acqua (stato liquido) – 65-80% s.t.
- Acqua (vapore): 5% s.t.
Per quanto riguarda le apparecchiature di pirolisi convenzionalmente adottate, esse dipendono dalle temperature e dalle pressioni esercitate durante il processo, ma anche dalla qualità del materiale in ingresso. Si distinguono principalmente in sistemi a letto fisso, letto mobile, letto circolante. La caratteristica comune delle sovra-citate tecnologie di pirolisi è quella di processare soltanto materiali solidi con un ridotto tenore di umidità. In tutti i processi appena descritti, infatti, il primo step che anticipa la prima fase di degradazione termica, è quello dell’essiccamento.